ARCHIVIO D’ARTISTA: esperti a confronto

Cos’è un archivio d’artista, a cosa serve e quale complessa realtà vi si nasconde?

Per un non addetto ai lavori l’archivio potrebbe essere solo il luogo di registrazione e di autenticazione delle opere di un artista, il più delle volte storicizzato, e seguito dai suoi eredi. Ma non è così semplice.

 

Per esempio, cosa determina l’autenticità di un’opera d’arte? Ma, soprattutto, chi è legittimato ad esprimere un giudizio a riguardo?

 

L’autorevolezza degli archivi non è solo importante per la sicurezza della conservazione e la divulgazione della memoria e delle opere, ma è essenziale anche come garanzia per il collezionismo ed il mercato dell’arte in generale.

 

In un’epoca di clouds, realtà virtuali e aumentate, appare sempre più urgente dare una definizione di archivio e determinarne funzioni e interazioni con il mondo dell’arte. Numerose conferenze e convegni sono dedicati al tema, come il Convegno Internazionale di Archivi d’artista tenutosi a Milano a novembre 2016 e la giornata di studi “Archivi e cataloghi dell’effimero” organizzata a Bologna a fine 2016; e diverse istituzioni si occupano di questo aspetto anche con progetti espositivi, come lo CSAC di Parma.  Sono nati poi alcuni corsi universitari all’avanguardia che offrono agli studenti la possibilità di toccare con mano questo straordinario e ricchissimo arcipelago.

 

È il caso del corso Istituzioni e Politiche Culturali, tenuto da Barbara Guidotti ed Elena Zaccarelli, all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha coinvolto diversi professionisti sul tema in una serie di lezioni.

In una di queste è stata chiamata ad intervenire Ilaria Bignotti, storica d’arte, critica e curatrice, che ha presentato tre casi studio inerenti a tre archivi in cui lavora:

l’Associazione Paolo Scheggi come Coordinatore scientifico, l’Archivio Antonio Scaccabarozzi come Responsabile Progetti Speciali, e il Francesca Pasquali Archive in qualità di Direttore.

 

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Paolo Scheggi, Oplà-stick, passione secondo Paolo Scheggi, 1969. Courtesy Franca e Cosima Scheggi, Milano

 

Paolo Scheggi, Intersuperficie curva dall’arancio, 1969. Courtesy Franca e Cosima Scheggi, Milano

 

Attraverso la sua testimonianza sulle metodologie e sulle pratiche di ricerca, analisi, catalogazione e promozione dell’opera di un artista attraverso l’archivio, è emersa una prima distinzione fondamentale, ossia il diverso criterio da assumere verso artisti scomparsi e dunque considerati storici, il cui archivio è oggi diretto dagli eredi – è il caso di Paolo Scheggi e Antonio Scaccabarozzi – e artisti viventi che continuano a produrre, dovendo quindi optare per approcci più flessibili, in grado di evolversi in base alle direzioni assunte dalla ricerca: è il caso di Francesca Pasquali.

Antonio Scaccabarozzi al lavoro. Courtesy Archivio Antonio Scaccabarozzi, Milano

 

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Antonio Scaccabarozzi, Iniezioni endotela, 1980. Courtesy Archivio Antonio Scaccabarozzi, Milano

 

Il Francesca Pasquali Archive è stato in particolare analizzato per l’innovativo metodo di autenticazione delle opere. Si è infatti dotato di un sistema tecnologico di autentica NFC con chip che permette di creare un codice univoco per ogni opera, rendendo più semplice il riconoscimento, la procedura di autentica e più difficile la possibilità di falsificazione. Caratteristica dei tag NFC è di avere un codice seriale univoco e non falsificabile associato all’opera, poi inserito all’interno di un database protetto.

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Francesca Pasquali, Glasswall, 2015-2016, 150.000 bicchieri di plastica, cavi, sensore interattivo, proiettore, 400 x 500 x 50 cm, installazione site-specific cinetica e interattiva, test video e suono, C.U.BO, Centro Unipol Bologna. Foto Marco Mioli. Courtesy Francesca Pasquali

 

Tecnologia simile è quella recentemente recensita da Nicola Maggi sul suo blog Collezione da Tiffany: sul suo articolo presenta Tagsmart, giovane start up londinese che ha da poco lanciato sul mercato Smart Tag, una soluzione basata sull’utilizzo di etichette tecnologiche che contengono un “codice genetico” sintetico unico e specifico per ogni opera.

 

Francesca Pasquali, invitata da Ilaria Bignotti a condividere la cattedra nella sezione a lei dedicata, ha portato il suo sguardo d’artista sull’argomento, permettendo così agli studenti di capire dall’interno il rapporto tra artista e archivio e le motivazioni che portano artisti contemporanei a decidere per questo tipo di investimento.

 

Il complesso lavoro di Francesca si snoda infatti a partire da alcuni punti focali:

·       il rapporto tra materiali plastici e industriali e il modello naturale e organico quale matrice di ricerca

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Occhio di mosca al microscopio  –   Particolare di cannucce nere

 

·       la manualità e la pratica compositiva processuale quale metodo di tessitura, intreccio, accumulazione organizzata dei materiali

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Francesca Pasquali, Setole, 2015, setole di scopa blu, cisterna metallica, lavori in corso, 190 x 50 cm, Premio Cairo 2015, Milano. Courtesy Francesca Pasquali

 

·       la relazione con lo spazio espositivo e con il contesto culturale e sociale nel quale il lavoro si iscrive

Francesca Pasquali, Rolls, 2014, schiuma poliuretanica, cavi di acciaio, dimensioni ambientali, installazione site-specific, Parco Arte Vivente-PAV, Torino. Courtesy Francesca Pasquali.

 

·       la temporaneità dell’esistenza delle sue installazioni site-specific, che spesso nascono per un contesto e successivamente vengono disallestite, tornando ad essere solo materiali inerti: attivazione / riattivazione / trasformazione

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Francesca Pasquali, Spumoni, 2017, recipienti di plastica per dolci, installazione site-specific per mostra-performance live “RAID. Sfornare Mondi”,  ex fabbrica di panettoni G.Cova, Milano. Courtesy Francesca Pasquali.

 

·       la centralità data al ruolo dello spettatore quale attivo fruitore e in alcuni casi co-autore e trasformatore della sua opera

Francesca Pasquali, Camminando-Contaminando, 2010, sfere di polistirene espanso e reti di fibre sintetiche, 45 metri quadrati di polistirolo, installazione ambientale site-specific, Spazio Capo di Lucca, Bologna, per Arte Fiera Off. Visitatori che interagiscono con l’installazione. Courtesy Francesca Pasquali.

 

·       l’esaltazione della componente interattiva della sua opera attraverso l’uso delle nuove tecnologie, dai sensori di movimento, alle proiezioni luminose, dalla sound alla video art

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Francesca Pasquali, Glasswall, 2015-2016, 150.000 bicchieri di plastica, cavi, sensore interattivo, proiettore, 400 x 500 x 50 cm, installazione site-specific cinetica e interattiva, test video e suono, C.U.BO, Centro Unipol Bologna. Foto Marco Mioli. Courtesy Francesca Pasquali

 

Un esempio concreto, raccontato in prima persona, che ha permesso ai ragazzi di immergersi in un modello di gestione molto delicato e di intravedere tutte le sfumature racchiuse in un sistema complesso come questo.

Un’occasione utile per riflettere anche sulle difficoltà di catalogazione che alcune opere, temporanee, sito-specifiche, costituite da materiali plastici e industriali, interattive e quindi sottoposte alla complessità dell’azione e intervento da parte del pubblico, mettono in luce, sottolineando come l’arte sia un sistema in continua evoluzione e, di conseguenza, gli archivi.